IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2999 del 2013, proposto da: Antonio Arzillo, Rosario Ragosta ed Alfonso Palumbo, rappresentati e difesi dagli avv. Felice Laudadio e Ferdinando Scotto, con domicilio eletto presso il primo in Napoli, via Caracciolo n. 15; Contro U.T.G. - Prefettura di Napoli, Ministero dell'interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Repubblica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura di Stato, domiciliata in Napoli, via Diaz n. 11; Comune di Giugliano in Campania, in persona del Sindaco P.T., n.c.; Nei confronti di Giuseppe Guetta, Fabio Giombini, Luigi Colucci, n.c.; Per l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica del 24 aprile 2013, pubblicato in G.U. del 15 maggio 2013, di scioglimento degli organi elettivi del Comune di Giugliano in Campania e di nomina della Commissione straordinaria incaricata della gestione del Comune di Giugliano in Campania per la durata di 18 mesi; Di tutti gli atti presupposti ed in particolare del decreto prefettizio n. 63060/Area II/EE.LL. del 28 settembre 2012, della relazione della Commissione di accesso e del Ministro dell'interno del 22 aprile 2013 e della relazione del Prefetto di Napoli n. 21647/Area II/EE.LL. del 5 aprile 2013; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Prefettura di Napoli, di Ministero dell'interno, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Repubblica; Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2013 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Premesso che: i ricorrenti, cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Giugliano in Campania, impugnano gli atti in epigrafe emarginati, con i quali e' stato disposto lo scioglimento degli organi elettivi del Comune per infiltrazioni camorristiche ai sensi dell'articolo 143 del t.u.e.l. ; a fondamento dell'impugnazione, corredata da istanza cautelare, sono stati dedotti profili di violazione della normativa di riferimento, oltre a profili di eccesso di potere sotto svariate angolature; Rilevato che: in base all'art. 135, co. 1, lett. q), in relazione all'art. 14, co. 1, del codice del processo amministrativo approvato con d.lgs. n. 104 del 2010, e' devoluta alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la cognizione delle «controversie relative ai provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 142 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti, di cui al decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267; l'art. 13, comma 4, del codice del processo amministrativo, come sostituito dall'art. 1, lett. a), d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160 prevede che «la competenza di cui al presente articolo e all'articolo 14 e' inderogabile anche in ordine alle misure cautelari»; l'art. 15 del codice del processo amministrativo, come sostituito dall'art. 1, lett. b), d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160, prevede che «in ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa» (co. 2) e «il difetto di competenza e' rilevato d'ufficio finche' la causa non e' decisa in primo grado» (co. 1); Ritenuto che: l'art. 135, co. 1, lett. q) del codice del processo amministrativo risulta in contrasto con l'art. 76 cost. nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principi e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento; infatti l'art. 44 della legge n. 69 del 2009; recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l'introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di «razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonche' di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l'incompetenza funzionale» (co. 2, lett. e); ne' l'ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma puo' essere considerata come misura rispondente alla finalita' di «assicurare la snellezza, concentrazione, ed effettivita' della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo...» (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2; l'art. 135, co. 1, lett. q), del codice del processo amministrativo appare in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge; infatti la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell'atto e sulla sede dell'autorita' emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, percio', in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalita' legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale; infatti, il Giudice delle leggi, nel riconoscere al legislatore ampia discrezionalita' nell'operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno evidenziato l'esigenza di osservare il rispetto del principio di uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte cost., 22 aprile 1992, n. 189); tant'e' che la disposizione in quella circostanza sottoposta allo scrutinio di costituzionalita' venne dichiarata immune da vizi sotto questi profili in quanto era riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo per la deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza; non costituisce giustificazione razionale della disciplina in esame una presunta esigenza di uniformita' d'indirizzo giurisprudenziale in materia, in quanto nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello; ne' peraltro sembra ipotizzabile una diversa qualita' del T.a.r. del Lazio insediato nella Capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi periferici portata da una proliferazione di materie che sono state progressivamente accentrate nel Tribunale romano, fino ad arrivare all'attuale art. 135 del codice del processo amministrativo; infatti un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i Tribunali amministrativi che andrebbe ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze, finendo anche con l'incidere sull'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell'art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello; l'assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al T.a.r. del Lazio, slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designato, induce a dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 135, co. 1, lett. q), del codice del processo amministrativo anche per contrasto con il principio del giudice naturale posto dall'art. 25, co. 1, Cost.; anche se i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che si intese attribuire all'uso del termine «naturale» accanto a quello «precostruito» nell'art. 25, co. 1, Cost. nel definire la garanzia della certezza e dell'obiettivita' del giudice, sembra nondimeno che l'introduzione della formula attuale («giudice naturale precostituito»), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell'Assemblea costituente avevano abbandonato il termine «naturale» in favore del termine «precostituito», deponga a favore delle tesi che negano l'identificazione tra i due termini; pertanto la formula «giudice naturale precostituito» non rappresenterebbe un'endiadi, ma implicherebbe la necessita' che la precostituzione del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalita', nel senso di razionale maggior idoneita' del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie; nel caso della competenza territoriale, l'individuazione del giudice razionalmente piu' idoneo a decidere la controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo, come in negativo) dell'esistenza di un criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l'organo giurisdizionale, che valga a tracciare i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del legislatore; cio' appare ancor piu' evidente allorche', come nella specie, si tratta di provvedimenti aventi rilievo marcatamente locale, con riferimento a interessi sostanziali pure di ambito, strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e soggetto inciso) che tutti normalmente gravitano nella stessa dimensione territoriale locale e che non hanno aggancio con una circoscrizione territoriale extraregionale; l'allontanamento del giudice competente a conoscere della controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall'efficacia ultraregionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del T.a.r. del Lazio; cio' incide, tra l'altro, anche sull'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficolta' ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l'azione o per resistere innanzi al T.a.r. del Lazio; gli articoli 13 e 15 c.p.a., nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull'istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, risultano in contrasto con l'art. 24, co. 1, e con l'art. 111, co. 1, Cost.; infatti la tutela cautelare e' garanzia essenziale e strumento necessario per l'effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l'oggetto del giudizio, evitando che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni; pertanto, la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulta contrario ai principi costituzionali di effettivita' e di tempestivita' della tutela giurisdizionale e del giusto processo; Considerato che le questioni di legittimita' costituzionale, oltre che non manifestamente infondate, si palesano altresi' rilevanti in quanto: la controversia in esame riguarda un provvedimento di scioglimento degli organi elettivi ai sensi dell'art. 143 t.u.e.l.; le norme richiamate inibiscono la decisione dell'impugnativa e dell'istanza cautelare, ivi compresa la delibazione sulla richiesta istruttoria formulata con insistenza dalle difese dei ricorrenti, imponendo la rilevazione d'ufficio dell'incompetenza territoriale; Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita';